Chi pratica yoga?
Mi ha sempre affascinato il modo in cui ogni allievo arriva allo yoga con il proprio percorso
personale. C’è chi ci arriva per problemi di mal di schiena, tensioni, ansia – a volte mandato dal proprio medico di base in seguito a vari disturbi attribuiti al “mostro” poco tangibile che va sotto il nome generico di stress; c’è chi arriva incuriosito dall’entusiasmo dell’amica, o con la speranza che lo yoga possa finalmente risolvere i propri problemi o dare risposta alle domande esistenziali.
Ognuno ha la propria storia e la propria reazione già dopo la prima lezione. Qualcuno si sente subito a suo agio e apprezza fin dall’inizio il ritmo lento delle posizioni, il semplice ascolto del respiro, la sospensione del fare per imparare a essere. Altri invece sentono subito un rifiuto a entrare in questa modalità diversa e si fermano alla prima lezione di prova. C’è un’asana in particolare che fa emergere la predisposizione a immergersi in una nuova esperienza: Shavasana. La posizione del cadavere. O meglio, il rilassamento finale.
Per qualcuno è l’unico vero motivo per cui continuare a praticare yoga. Altre persone invece non riescono proprio a lasciarsi andare e mostrano un’irrequietezza fisica; continuano a muoversi senza trovare pace. Mi ricordo una ragazza che addirittura mi chiese il permesso di uscire dalla sala prima del rilassamento. Mi diceva che durante la lezione si sentiva libera da pensieri, ma durante il rilassamento la mente iniziava a girare e lei sentiva l’urgenza di programmare gli impegni lavorativi del giorno dopo, trovare soluzione per i problemi in famiglia e progettare il futuro con il compagno.
Secondo la suddivisione dei tipi psico-somatici dell’ayurveda in dosha, spesso le persone
che fanno fatica ad apprezzare la pratica sono vata, mentre le persone già predisposte sono kapha. Nel leggere il libro diventa chiaro il perché.
«Vata, pitta e kapha sono combinazioni dei cinque elementi tratte dall’ayurveda che si
manifestano in tutto il creato e nel corpo umano. Vata è l’energia sottile associata al movimento, composta da Aria ed Etere. Vata governa respiro, movimento di muscoli e tessuti, battito del cuore, movimenti delle cellule. Quando è in equilibrio, vata promuove la creatività e la flessibilità. Quando non è in equilibrio, vata produce paura e ansia.
Pitta si esprime come il sistema metabolico del corpo, composto da Fuoco e in misura minore da Acqua e Aria. Pitta governa la digestione, l’assorbimento, l’assimilazione, la nutrizione, il metabolismo e la temperatura del corpo. Quando è in equilibrio, pitta promuove comprensione e intelligenza. Quando non è in equilibrio pitta fa emergere rabbia, odio e gelosia. Kapha è l’energia che forma la struttura del corpo (ossa, muscoli e tendini), composto da Terra e Acqua. Kapha fornisce la “colla” che tiene insieme le cellule, e dispensa l’elemento Acqua a tutte le parti del corpo e ai suoi sistemi. Lubrifica i tendini, idrata la pelle, mantiene l’immunità. Quando è in equilibrio, kapha si esprime come amore, calma e perdono. Quando non è in equilibrio porta ad attaccamento, avidità e invidia.»
Lo yoga va bene per tutti?
Come insegnante di yoga direi di sì, anche se mi è capitato di aver consigliato la pratica di boxe a un allievo, invece dello yoga. Ma lo yoga universale adatto per tutti non esiste. Già al livello fisico possiamo notare che flessioni ed estensioni (due movimenti opposti) della colonna possono essere benefici o nocivi in base alla costituzione della persona e al grado di esecuzione. Un’ estensione moderata della schiena nelle persone comuni può essere molto benefica, mentre un’estensione intensa potrebbe anche procurare un’ernia al disco.
Lo yoga si deve adattare alla persona, e non il contrario.
È importante differenziare la pratica
Yoga per le quattro stagioni è un invito a integrare e a tener conto delle diverse situazioni della vita, del tuo dosha di partenza e della natura che ti circonda per adattare la pratica al momento. È un invito a uscire dall’idea che lo yoga sia una sequenza di posizioni che va bene per tutti e a focalizzarsi invece sulla vera essenza dello yoga che è l’ascolto, perché l’ascolto è ciò che segna la vera progressione nello yoga, non il diventare bravi a fare certe asana acrobatiche; bensì nello sviluppare la capacità di entrare in contatto con se
stessi e di rafforzare questo legame, come spieghiamo nel libro.
Differenziare la pratica in base al tipo di dosha prevalente ti permette di andare a esaltare alcune delle caratteristiche del tuo dosha, quindi già presenti naturalmente in te, oppure al
contrario a contenerle e placarle se necessario. Non è detto quindi che in inverno noi abbiamo bisogno sistematicamente di una pratica più energizzante e in estate di una più calmante, perché appunto abbiamo a che fare anche con le diverse tipologie di dosha. Il discorso sarebbe molto ampio e noi non pretendiamo di darne una spiegazione esaustiva, ma ci piace l’idea di stuzzicare le menti e sensibilizzare i praticanti a pensare allo yoga in questa prospettiva: diversificare la pratica in base al dosha, alle stagioni, agli elementi predominanti ecc.
«La costituzione ayurvedica di base della persona (prakrti) viene determinata al momento
del concepimento. Alimentazione, stile di vita e fattori ambientali possono modificare le
qualità del dosha della persona. (…) Se le qualità del dosha di base vengono rafforzate ed
esasperate attraverso uno stile di vita molto simile al dosha, ciò può far sviluppare disturbi
nella persona. Se invece lo stile di vita del soggetto è contrario al dosha di base, s’innesca
sempre uno squilibrio, ma i disturbi normalmente sono meno gravi.»
Com’è strutturata la pratica di Yoga per le quattro stagioni
Fermo restando il presupposto di una pratica declinata in base alle proprie necessità, come abbiamo visto sopra, nel libro proponiamo sessioni scomponibili nelle loro parti.
Complessivamente la pratica dura circa un’ora ma è stata suddivisa in quattro parti:
- meditazione
- riscaldamento e asana (posizioni fisiche)
- respirazione, con tecniche mirate al controllo e all’espansione dell’energia vitale
- rilassamento
proprio per permetterti di adattarla al tempo che hai a disposizione. Ricordati infatti che non è importante quanti minuti dedichi alla pratica, ma con che atteggiamento mentale, con quanta presenza lo fai. Non deve essere l’ennesimo obiettivo che ti poni nella vita, ma un momento dedicato a te, libero da pressioni e aspettative.
Non ti resta che leggere il libro, scoprire il tuo dosha e impostare le tue sessioni di yoga in
modo creativo, ascoltandoti profondamente.
Come dev’essere la pratica personalizzata?
Anche qui non c’è una risposta semplice e univoca. Tutto parte dall’ascolto del proprio corpo, dall’auto osservazione e dalla volontà di mettersi in gioco. Il libro è un invito ad aprirsi, a vedere la pratica in questo modo, a diventare scienziati di se stessi, a cambiare la propria visione su tutto ciò che si è fatto finora. Lo yoga è un divenire, un percorso eternamente in evoluzione, in base allo scorrere degli anni, al fluire delle stagioni, al percorso nella vita. È un viaggio di scoperta di se stessi.
Buona esplorazione!
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