Nel Kundalini Yoga tutta la pratica si articola nell’utilizzo di numerose sequenze, o kriya. Queste sequenze sono composte da tanti elementi classici del mondo dello yoga, che in altre vie yogiche sono sviluppati singolarmente, ma che nel kundalini sono assemblati e organizzati: asana, mudra, specifici pranayama, mantra e altro ancora. Ogni sequenza-kriya del Kundalini Yoga è completa in sé stessa e viene trasmessa agli insegnanti e proposta agli allievi e ai praticanti così com’è stata codificata nell’insegnamento di Yogi Bhajan.
Queste sequenze sono molte e con differenti effetti specifici, come riequilibrare la colonna vertebrale, stimolare il sistema linfatico, prendersi cura del cuore, calmare e canalizzare stati mentali alterati, stimolare le ghiandole endocrine, agire su ogni singolo chakra, bilanciare le polarità energetiche di base come Prana e Apana, eccetera. È proprio la loro specifica costruzione che garantisce al praticante l’effetto desiderato; per questo è importante, infatti, non modificare la struttura originaria delle sequenze e rispettare le articolazioni delle posizioni, i tempi massimi dati per ogni passaggio e non aggiungere altri elementi. L’unica variabile che l’insegnante o il praticante può adattare è il tempo di esecuzione, che potrà essere variato per andare incontro alle esigenze dei principianti o esperti.
Cos’è dunque in specifico un kriya e qual è il suo rapporto con le asana?
Kriya: un’azione creativa
La parola kriya viene spesso tradotta come azione; quando viene usata in riferimento alle sequenze potremmo dire che indica un’azione compiuta, nel senso che tutte le “azioni” che il praticante esegue (per esempio assumere una determinata asana, respirare in un modo specifico, cantare un certo mantra, eccetera) garantiscono il conseguimento dell’effetto determinato che il kriya dichiara di farti raggiungere. Questo potenziale traguardo è valido per ognuno di noi. Ogni kriya ha in sé un codice strutturale che può trasportare l’individuo verso uno stato psicofisico di grande guarigione, evoluzione e integrazione ed è accessibile a tutti.
Un kriya dunque è un’azione che consiste in una sequenza di azioni, che si manifestano nei nostri movimenti mentre esequiamo una posizione, mentre respiriamo, mentre i pensieri vanno, mentre la mente si focalizza nella meditazione e persino nella nostra intenzione. L’intento è quello di generare con il kriya un flusso spontaneo che può essere eseguito senza sforzo, in cui i momenti di intensa attività fisica e quelli di rilassamento più o meno profondo si alternano in un modo specifico. Le sequenze di posizioni, respiro e mantra del Kundalini Yoga sono infatti ben precise – un po’ come è ben preciso l’ordine delle marce per avviare un’automobile e trasmettere l’energia dal motore alle ruote.
Il ruolo delle Asana
Ogni asana inclusa in un kriya è al contempo un esercizio fisico, una forma di meditazione, un mezzo per connettersi al flusso dell’energia e uno strumento di auto-diagnosi del praticante.
In che modo un’asana può essere tutto questo?
Asana come esercizio fisico
L’esecuzione di un’asana agisce su muscoli specifici, che va a tonificare o rilassare; può eseguire un massaggio sugli organi interni, oppure stimolare punti riflessi che agiscono sulle funzioni delle ghiandole e dei vari sistemi dell’organismo. Infine, ma non ultimo, eseguire le posizioni dello yoga fa scorrere e dirige il flusso delle energie sottili.
Asana come meditazione
Ogni asana crea un legame speciale tra corpo e mente. Praticando yoga è facile notare come alcune posizioni calmino i pensieri, altre ci aiutino a focalizzare la mente e a prendere decisioni, altre ancora infondano non solo energia al nostro corpo ma anche determinazione ai nostri pensieri. Il nostro stato mentale ed emotivo è fortemente legato all’esperienza dell’asana.
Asana come connessione al flusso di energia
Praticare le asana rimette in moto le energie e le conduce attraverso i meridiani e i chakra del nostro corpo. Questo “sentiero delle energie” può essere più o meno sviluppato nell’individuo che, percorrendo il proprio particolare percorso di crescita, compenserà ciò che ancora a livello energetico non è ben sviluppato.
Asana e la salute
Se impariamo a osservare con consapevolezza il nostro corpo, le asana possono diventare una sorta di strumento auto-diagnostico al servizio del nostro benessere. Eseguendo le posizioni ci giungono segnali di piacere o di sconforto, quando non addirittura di dolore (a questo punto occorre fermarsi!) – tutte queste sensazioni ci dànno informazioni sullo stato della nostra muscolatura, delle articolazioni, dell’organismo nell’insieme e persino delle emozioni.
Dall’Asana al Kriya
Come abbiamo visto, nel Kundalini Yoga la pratica delle asana è concepita come una creazione dinamica, ma non solo: è anche formativa. Quando ci si pone in una determinata postura con il corpo, infatti, ci si “mette in posizione” anche a livello emotivo e di atteggiamento, attivando un processo costante e in divenire di consapevolezza di sé.
Quando ci avviciniamo alla pratica dello yoga, inizialmente tendiamo ad assumere la posizione richiesta in modo molto consapevole, pensandola nel dettaglio. È un’esperienza nuova per il nostro corpo, dobbiamo capire bene come eseguire la posizione dalle istruzioni o dall’esempio dell’insegnante e dobbiamo poi capire come dire al nostro corpo di farla. Può essere un momento molto impegnativo, perché ci scontriamo non solo con la rigidità del nostro corpo, ma anche con la rigidità delle nostre abitudini e del nostro ego.
Ma più manteniamo la posizione, più essa ci diviene naturale e iniziamo a sentirci a nostro agio nella pratica. Impariamo a rilassare i muscoli il cui lavoro non è richiesto dalla posizione e ci concentriamo maggiormente su quelli che stiamo usando, scoprendone l’esistenza, i limiti e i punti di forza.
Man mano che ci diventa naturale, la pratica stabilisce un ponte tra conscio e inconscio, che riallinea corpo e mente: l’inconscio un poco alla volta apprende i movimenti, la nuova forma che abbiamo creato, e procede ad applicarla inconsciamente, appunto, anche alle nostre abitudini, ai nostri schemi mentali, alle nostre intenzioni, all’energia che scorre in noi.
È in questo momento che si entra veramente nel kriya: “il completamento spontaneo dell’azione attraverso l’impegno dell’asana, che collega il nostro Sé infinito al momento presente”.
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Salvio
9 Agosto 2016 @ 15:24
Complimenti per l’eccellenza della spiegazione sulla materia in questione! Vorrei però porvi una domanda : vorrei iniziare a praticare yoga, ma non avendo una grande elasticità, temo di non riuscire nelle Asana, posso comunque arrivare a praticarle con la pratica? Anticipatamente un grande grazie per la risposta