Descrizione
Come trasmettere ai ragazzi l’amore per se stessi?
I bambini che oggi stai crescendo definiscono la società di domani.
Qualsiasi valore tra smetti loro oggi, ne fanno tesoro e lo useranno come timone della loro vita domani.
Dopo il bestseller Innamorati di Te, Tiberio Faraci rivolge il percorso di crescita a genitori e insegnanti. Chi è in contatto con bambini e ragazzi ha l’occasione di insegnare loro a pensare, a non scoraggiarsi di fronte alle difficoltà, a non essere critici e giudicanti verso se stessi e a chiedere aiuto per quei problemi che sembrano insormontabili. Questi sono gli obiettivi fondamentali per crescere futuri adulti sereni e felici.
Uno dei motivi per cui con il mio staff e con la mia casa editrice storica, Macro Edizioni, abbiamo sentito il bisogno di far nascere una versione di Innamorati di te appositamente per genitori e educatori è stato la necessità di fornire uno strumento di riflessione a coloro che con i ragazzi hanno a che fare giornalmente. Abbiamo preso spunto dalle innumerevoli testimonianze di vita vissuta da padri, da madri e da insegnanti con cui lavoriamo, e dal loro confronto con le varie forme di disagio manifestate dai ragazzi. Oggi si parla spesso dei disturbi dell’apprendimento (DSA) e dell’attenzione (ADHD), dei bisogni di educazione speciale (BES), e non è infrequente sentire, anche nella nostra stretta rete di conoscenze, che sono così tanti i ragazzi che ne presentano i “sintomi”. Un tempo non si conosceva niente riguardo alla dislessia, alla disgrafia, alla disortografia, alla discalculia o a proposito di iperattività. Andando indietro nel tempo, i bambini che non riuscivano ad agganciarsi al livello di apprendimento indicato dalle linee volute dagli insegnanti, venivano tacciati di svogliatezza, negligenza, incapacità e pigrizia, in modi che difficilmente in seguito permettevano loro di riscattarsi in una qualche maniera. E a seconda dell’età, alcuni (io stesso) ricordano con quanta decisione, in maniera spesso inconcepibile agli occhi di oggi, si interveniva poco amorevolmente, a volte addirittura in forme coercitive su chi dimostrava difficoltà a parametrarsi con i risultati della classe. Le offese erano spesso incluse negli strumenti didattici.
Talvolta, nei tentativi “didattici”, era compreso un bel cappello colorato, a forma di cono, con sopra scritto “asino” da indossare fino alla fine della lezione. Un’altra apparente possibile presa di posizione era infatti l’umiliazione. Essere spediti dietro alla lavagna, ad ascoltare da vicino chi, interrogato, la lezione invece la aveva studiata, ne rappresentava un’altra. Agli insegnanti e ai genitori che avevano meno pazienza, restava la possibilità di ricorrere, senza rischio di conseguenze, a sonori “scapaccioni”, per tentare di risolvere e sbloccare, ovviamente con scarsi esiti, quelli che fino a quel momento non erano ritenuti, anche se a ragione, risultati soddisfacenti (così come comicamente alcuni facevano con i vecchi televisori in bianco e nero malfunzionanti). Sembrano trascorsi secoli, ma non è così. Oggi è finalmente possibile fare una diagnosi appropriata delle difficoltà di apprendimento e di attenzione, a patto che questa sia eseguita da un’equipe multidisciplinare certificata, composta almeno da un neuropsichiatra infantile, uno psicologo e da un logopedista.
Disturbi di attenzione, disturbi di apprendimento: ma che cosa significa averli manifestati? Davvero riguarda alcuni e non altri? E se avessero riguardato o riguardassero anche noi e non fossero mai stati identificati? Come avremmo vissuto altrimenti? E che risultati avremmo ottenuto? Come saremmo oggi? Come siamo oggi? Come risolverci?
Vi auguro un buon viaggio in questa storia, che è la nostra storia…
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