Cyberuomo: stiamo assistendo al tramonto dell’umanità?
Intervista a Enrica Perucchietti
Come mai hai deciso di scrivere un saggio sul transumanesimo?
Le mie ricerche sulla manipolazione, il controllo sociale e il mondialismo mi hanno spesso portata a imbattermi nella tematica del transumanesimo: già il capitolo finale de La Fabbrica della Manipolazione era proprio dedicato al post-umano.
Il mio obiettivo, con Cyberuomo, è stato quello di raccogliere il materiale di anni di studio e proporlo al lettore, aprendo un dibattito sui retroscena e sulle possibili conseguenze che le ricerche nel campo del post-umano possono comportare per l’intera società.
Pensi che le persone siano libere di creare il loro futuro, o che invece la maggior parte sia manipolata e quasi del tutto inconsapevole della propria condizione?
Penso che siamo tutti immersi nella propaganda e nella manipolazione sociale e ne siamo condizionati senza accorgercene: dovremmo esserne consapevoli e comprendere che se vogliamo essere davvero liberi di scegliere dobbiamo scrollarci di dosso l’apatia e la passività verso i mezzi di comunicazione, l’indottrinamento scolastico e lo spettacolo, e imparare a sviluppare in modo autonomo la nostra coscienza critica.
Imparare per esempio a conoscere le tecniche della manipolazione e del controllo sociale può aiutarci a immunizzarci dalla propaganda e a riconoscere i metodi che il Sistema usa per controllare le nostre menti.
Secondo te, ci sono dei limiti etici alle ricerche nel campo del post-umano?
Ho paura che non ci siano e credo invece fermamente che debbano esserci. Siamo sempre più suggestionati e indottrinati, offuscati dall’entusiasmo di un progresso illimitato, da accettare qualunque traguardo nel campo della tecnologia che fino a qualche anno fa sarebbe stato invece impensabile (es. chip dermali, uteri artificiali, mind uploading, tecnosesso, ecc.).
Dietro la parola “progresso” si nascondono ricerche che fino a qualche anno fa sarebbero state bollate come incubi distopici e che vengono offerte all’opinione pubblica come un traguardo per l’evoluzione collettiva. Se critichi qualunque cosa venga etichettata come “progresso” vieni automaticamente bollato come un oscurantista e un neoluddista, inibendo il confronto e censurando il dialogo.
La domanda che rivolgo al lettore è la seguente: siamo sicuri che tutto ciò che è tecnologicamente possibile (o che lo sarà in futuro) sia da ricercare e applicare a tutti i costi?
Nel libro citi spesso Dittatura e Potere “dolce”. Puoi spiegarci brevemente di cosa si tratta?
Ai metodi repressivi oggi si preferisce affiancare la manipolazione “dolce” volta a far credere ai cittadini che costoro siano liberi di scegliere quando invece tutte le loro decisioni vengono orientate dall’alto, grazie alla propaganda e al controllo sociale. In entrambi i modelli di totalitarismo, cupo e dolce, è infatti fondamentale la propaganda di cui i media mainstream e lo spettacolo in generale si fanno docile cassa di risonanza.
Nessun regime può infatti sostenersi senza di essa, così come, paradossalmente, le democrazie occidentali fanno ricorso proprio alla manipolazione capillare dell’opinione pubblica. Con l’avvento della moderna società di massa il potere ha dovuto esercitarsi su un numero sempre maggiore di persone. L’arte del controllo ha finito per divenire scienza delle Pubbliche Relazioni o, meglio, una “scienza della manipolazione” di sconcertante raffinatezza che riesce a influenzare comportamenti e modi di essere, a volte senza nemmeno dover fare uso della coercizione fisica (pensiamo al fenomeno degli spin doctors).
Il potere oggi, per risultare maggiormente efficace, preferisce infatti rimanere “nell’ombra”, palesandosi il meno possibile. Un potere nascosto, ha l’indubbio “pregio” di rimanere praticamente inattaccabile e nascosto e ha la possibilità di fare quello che nessun governo o potere visibile può compiere fino in fondo: manipolare quasi alla perfezione i sentimenti e la mentalità di massa senza dare l’impressione di farlo; controllare i popoli entrando nel loro immaginario, plasmando “dolcemente” cioè le menti, le coscienze degli individui.
Come possiamo proteggerci dalla manipolazione sociale?
Dobbiamo essere consapevoli di essere immersi nella propaganda e che se non vogliamo ritrovarci in una società distopica come quelle immaginate da saggisti e romanzieri visionari, siamo ancora in tempo a “svegliarci” e riappropriarci del nostro futuro, sapendo che la libertà richiede un impegno costante.
Per far ciò è necessario vigilare, allenare la nostra coscienza critica, sviluppare un nostro pensiero che non sia condizonato dai media o passivo dinanzi agli eventi. Conoscere le tecniche e i metodi del controllo sociale può aiutarci, come spiegavo prima, a divenire più critici e a immunizzarci dalle menzogne del Sistema.
Nel libro asserisci che “In un mondo in cui i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, nel prossimo futuro chi non sarà creativo e competitivo soffrirà la fame molto di più che in passato”. Come mai?
Oggi l’uomo è entrato, grazie alle nuove tecnologie, in una nuova era, dove pochi uomini da soli possono stravolgere totalmente la vita sul nostro pianeta. In un mondo in cui una élite, pari al 5% della popolazione, possiede oltre il 90% della ricchezza globale, la forbice della diseguaglianza continua ad allargarsi: la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi è sempre più accentuate e con l’automazione, come mostro nel libro, questa forbice è destinata ad allargarsi, producendo tra l’altro quell fenomeno noto come disocuppazione tecnologica.
Non è esagerato affermare che si sta realizzando, sotto il nostro stesso naso, il sogno delle élite mondialiste: dividere la società in due livelli, da una parte il potere economico detenuto da una ristretta cerchia tecno-finanziaria di super ricchi, dall’altra la “massa” indistinta di individui sempre più poveri, soli, senza legami, diritti e senza radici, facili quindi da sfruttare e controllare per il governo globale che si sta costruendo.
Parlo a proposito di creazione di una tecno-utopia. L’impatto strutturale della tecnologia che non solo “mangia” lavoro ma accentua la divaricazione nella ridistribuzione dei redditi è talmente evidente che sono stati gli stessi guru della Internet economy ad avanzare interventi, da Bill Gates a Elon Musk, in particolare arrivando a proporre un reddito di cittadinanza/sussistenza erogato dalla Stato a quei lavoratori che saranno lasciati indietro dalla rivoluzione tecnologica.
Si profila cioè un futuro incerto di cui non si possono prevedere risvolti e possibili reazioni “avverse”: possibili rivolte che non possiamo prevedere, ossia si rischia di passare dalle proteste no global più o meno accese a forme di neoluddismo. Si tratta di scenari che per alcuni potranno essere lontani o marginali che meritano, anzi necessitano, di essere ponderati, prima che sia tardi.
E se la sorveglianza di massa potesse, un giorno, applicarsi ai chip sottocutanei? Qual è la tua opinione a riguardo?
È possibile ed è un pericolo che denuncio da anni ma che è rimasto inascoltato. La fiducia nei mezzi tecnologici sta infatti portando anche a una nuova tendenza, l’impianto di microchip sottocutanei. Si tratta di uno dei temi più delicati e controversi nel campo della controinformazione: fino a qualche anno fa l’argomento era accuratamente evitato dai media mainstream: chi ne parlava era liquidato come un visionario e un complottista. Nulla di nuovo, insomma.
L’idea era che i chip fossero una bufala (come tanti altri argomenti scomodi) e che non esistesse nessun piano segreto per impiantarli nella popolazione (o spingere i cittadini a farseli impiantare volontariamente) per controllarla. Chi provava a proporre un dibattito era liquidato come un visionario. Negli anni la tematica è tornata più volte alla ribalta, venendo sempre tacciata come l’emblema delle paranoie cospirazioniste.
Eppure, come mostro nel libro, oggi va di moda, dalla Svezia agli USA, farsi impiantare un chip per poter fare a meno di PIN, Password, contanti, biglietti per il trasporto, ecc. Si sfrutta cioè la “comodità” per spingere la gente a farsi impiantare un chip. L’imposizione o le modalità segrete hanno infatti scarso successo e basta manipolare l’opinione pubblica per gradi facendo conoscere i benefici, in questo caso dei chip, a scapito dei risvolti ambigui o addirittura pericolosi di essi. Non ci sarebbe bisogno di costringere nessuno (o quasi) e di imporre l’obbligo dell’impianto. Ci sarebbe la fila di persone pronte a farselo impiantare
Possiamo immaginare come il controllo già capillare e pervasivo nella nostra società (pensiamo a telecamere, satelliti e ai cellulari che permettono di rintracciare chiunque ovunque si trovi) sarebbe completo in caso di chipping di tutta la popolazione: ognuno di noi sarebbe un “uomo di vetro”, trasparente, sotto costante sorveglianza. Lo sguardo elettronico del Governo ci seguirebbe in ogni attimo della nostra esistenza.
Il mio invito è spingere il lettore a interrogarsi su questi cambiamenti sociali, a riflettere e a capire liberamente, senza costrizioni, se è questo il futuro che vogliamo.
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