Molte persone credono erroneamente che sin dalla nascita, l’acido desossiribonucleico, ossia il DNA, riposto nella parte più minuscola delle nostre cellule, sia l’unico e solo fattore nel determinare le istruzioni del progetto di chi siamo e di chi diventeremo. Questa convinzione, basata sui dogmi della biomedicina, ha plasmato la visione della vita, originando non soltanto la credenza fatalistica secondo cui la nostra esistenza sia controllata da cose al di fuori della nostra capacità di cambiarle, ma portando soprattutto alla vittimizzazione che le malattie, in particolar modo quelle che corrono nelle famiglie, vengano trasmesse improrogabilmente attraverso il passaggio di geni associati a tali attributi. Sempre più, prove di laboratorio dimostrano però che questo non è vero.
Infatti, le scoperte scientifiche degli ultimi decenni hanno messo in discussione il limite evidente dell’interpretazione frammentaria dell’essere umano, portando le scienze biologiche, mediche e psicologiche a misurarsi con nuove teorie che manifestano lo stretto legame tra piano biologico ed ambiente circostante.
Se è pur vero che geni specifici sono in relazione al comportamento e ai caratteri di un organismo, è vero pure che questi geni non si attivano finché qualcosa non li fa scattare.
Questi misteriosi e complessi interruttori, capaci di orchestrare la nostra salute nel bene e nel male, sono stati svelati con l’avvento dell’epigenetica, giungendo alla comprensione che il funzionamento e l’evoluzione dei sistemi biologici non è preordinato una volta per tutte, ma viene influenzato e costantemente plasmato da forze che operano al di fuori della sequenza del DNA: influenze intracellulari, ambientali ed energetiche. Infatti, è stato visto che il flusso di informazioni nei processi organici parte da un segnale ambientale, passa a una proteina regolatrice, e solo dopo arriva al DNA, all’RNA e al prodotto finale, cioè alla proteina.
Ciò ha portato alla sensazionale scoperta che le cellule sono modellate, di volta in volta, dall’ambiente in cui vivono. I nostri geni non sono il nostro destino!
DNA ed intenzione creatrice
Bruce Lipton (2007), noto biologo cellulare, afferma che ogni cellula è un essere intelligente, dotato di intenzionalità e di scopo, che cerca attivamente gli ambienti adatti alla sopravvivenza, evitando nel contempo quelli tossici o ostili. Come gli esseri umani, le cellule esaminano migliaia di stimoli provenienti dal microambiente in cui vivono, e attraverso l’analisi di questi dati attivano le risposte comportamentali più appropriate per assicurarsi la sopravvivenza.
Per esempio, le cellule del cervello traducono le percezioni mentali del mondo (o credenze) in profili chimici complementari e unici che, una volta che vengono immessi nel circolo sanguigno, controllano il fato degli oltre cinquanta trilioni di cellule del corpo. E così non soltanto il sangue nutre le cellule, ma i suoi componenti neurochimici regolano anche l’attività genetica e comportamentale delle cellule stesse. Inoltre, si è visto che le cellule individuali sono capaci di apprendere dalle esperienze legate all’ambiente e di creare una memoria cellulare che trasmettono alle cellule figlie. Questa sorprendente attività dell’ingegneria genetica naturale è importantissima, perché costituisce un meccanismo di “intelligenza” innata che consente l’evoluzione. Queste modifiche possono essere trasmesse alle generazioni future esattamente come i modelli del DNA.
I geni, quindi, sono memorie fisiche delle esperienze apprese da un organismo. Essi sono dinamici e reattivi perché rispondono a tutto ciò che facciamo, pensiamo, ma soprattutto sentiamo. Siamo noi ad attivarli e a disattivarli. Ciascuno di noi ha il potere di influenzare la propria attività biologica.
Gli agenti esterni sono sì responsabili delle patologie, ma al contempo, ciascuno di noi ha un ruolo attivo nell’essere artefice del proprio stato di salute o di malattia. Esistono emozioni cardio-tossiche e credenze mentali limitanti che si radicano e modellano profondamente la nostra biologia causando disagi a tutti i livelli. Infatti, la patologia è il prodotto di un processo, che parte in primis dai nuclei emotivi e di pensiero della persona, strettamente interconnessi con i fattori patogeni presenti nell’ambiente, che diventano un aggravante, per poi ripercuotersi ad ampio raggio su meccanismi cellulari del nostro corpo che manifesta a lungo andare la malattia, un processo di squilibrio che riguarda la persona nella sua unità mente-corpo in relazione all’ambiente in cui vive.
Quando la mente cambia, la biologia ne viene assolutamente influenzata. Le convinzioni positive e negative, sia coscienti che subconscie, non hanno solo un impatto sulla salute, ma su ogni dimensione della vita. Una vasta mole di evidenze scientifiche ci mostra, infatti, che gli aspetti fisici dei filamenti di DNA possono essere modellati dall’intenzione umana sotto forma di generazione di emozioni e pensieri positivi (Atkinson, Tomasino, 2003). I risultati forniscono dati che indicano che quando gli individui si trovano in una condizione di questo genere, ossia in uno stato coerente di funzionamento psico-fisiologico, hanno una maggiore capacità di alterare la conformazione elettro-chimica-magnetica del DNA.
La creazione intenzionale di pensieri ed emozioni positive in relazione a ciò che viviamo diviene, quindi, il comandamento biologico per una vita sana e felice.
Nello Shop on-line troverai una sezione dedicata al Femminile Sacro, promozioni e sconti sui libri.